Sono il 26% del totale tra i 15 e i 29 anni in giovani italiani che non studiano né lavorano, i cosiddetti Neet: circa 2 milioni e mezzo, un valore tra i più elevati in Europa. Lo rivela l’ultimo rapporto Istat Noi Italia, nel capitolo dedicato all’istruzione.

Secondo il rapporto, in riferimento al fenomeno dei Neet, dopo un periodo in cui si era assistito ad una leggera regressione (tra il 2005 ed il 2007 si era passati dal 20,0 al 18,9 per cento), nel 2013 si è avuto l’incremento più alto degli ultimi anni (+2,1 punti percentuali rispetto a un anno prima). Più elevata la percentuale delle donne che non studiano né lavorano: 27,7 per cento, contro il 24,4 per cento degli uomini. Dal 2012 in poi l’aumento del numero di Neet riguarda tutte le aree del Paese, ma in particolare il Mezzogiorno, dove l’incidenza del fenomeno raggiunge il livello più alto, pari al 35,4 per cento nel 2013 (in confronto al 19,8 per cento nel Centro-Nord).

Altri dati rivelano che, sebbene il fenomeno dell’abbandono prematuro degli studi da parte dei giovani sia in progressivo calo, il nostro Paese è ancora lontano dagli obiettivi europei (10 per cento): nel 2013 la quota dei 18-24enni che ha interrotto precocemente gli studi è pari al 17 per cento; i ragazzi sono il 20,2 per cento, mentre le ragazze il 13,7 per cento.

La permanenza dei giovani all’interno del sistema di formazione, anche dopo il termine dell’istruzione obbligatoria, è pari all’82,4 per cento tra i 15-19enni e al 21,6 tra i 20-29enni. Rimane consistente il divario rispetto ai Paesi Ue.