Sono passati pochi giorni dalla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, e purtroppo si sono già verificati due femminicidi. Una delle due donne vittime di questi atti brutali era mamma di tre bambini. Tra gennaio e ottobre 2020, sono 91 le donne uccise, di cui 81 in ambito famigliare, 26 i bambini orfani di femminicidio. La violenza contro le donne colpisce anche i loro figli e le loro figlie.

Le restrizioni imposte dal Covid-19 hanno acuito il fenomeno. Secondo l’Istat, nei mesi di lockdown tra marzo e giugno 2020 le telefonate al numero verde 1522 sono più che raddoppiate rispetto al 2019 (+119,6%). Il report della Polizia di Stato “Questo non è amore” conferma questo trend: un aumento del 13,2% delle vittime in ambito familiare/affettivo nel 2020 rispetto al 2019.

L’isolamento sociale, la convivenza forzata e l’impossibilità a sottrarsi alle violenze hanno costretto molte donne in casa con i loro maltrattanti, e i figli, a loro volta confinati tra le mura domestiche, hanno subito la violenza famigliare.

Ma la pandemia ha solamente aggravato una situazione già critica: in Italia 1 donna su 3 è stata vittima di violenza fisica e/o sessuale nel corso della propria vita, e nel 65,2% dei casi i figli hanno assistito alla violenza. E quando si parla di violenza assistita non si intende solamente dire che i bambini sono spettatori diretti. Anche quando i bambini ne fanno esperienza indiretta (ad es. attraverso i segni fisici sul corpo della madre o quelli psicologici o la percezione della tensione che si avverte nell’ambiente famigliare) sono altresì vittime di violenza.

Purtroppo nell’opinione pubblica vi è ancora scarsa consapevolezza di ciò. Secondo il sondaggio condotto da WeWorld (2017), solo 1 italiano su 6 sa cosa sia la violenza intrafamiliare assistita, e non tutti sono consapevoli delle conseguenze piscologiche, emotive e relazionali sui bambini e le bambine. Addirittura 1 italiano su 2 non pensa che i bambini tenderanno a replicare gli stessi comportamenti da adulti. Purtroppo però la violenza si trasmette di generazione in generazione: un bambino vittima di violenza famigliare avrà una probabilità maggiore da adulto di essere un uomo maltrattante, una bambina di diventare una donna vittima di violenza.

La violenza sulle donne è prima di tutto una violazione dei diritti umani, ma ha effetti di breve e lungo periodo anche sui bambini e le bambine. E non solo perché si trasmette di generazione in generazione, ma anche perché le conseguenze della violenza sono comuni e condivise a donne e bambini. Si pensi solo agli effetti sulla salute: stress, disturbi post traumatici, depressione, incubi notturni, disordini alimentari, etc. sono riscontrabili in entrambi.

Ed è per questo motivo che serve un approccio integrato e interdisciplinare delle politiche e dei programmi, che miri al contrasto e alla prevenzione della violenza sia sulle donne che sui bambini, sulla base di una visione comune che sappia riconoscere i punti di connessione e condivisione tra le due forme di violenza.

Negli ultimi anni è stato fatto qualche passo avanti in questa direzione, dal punto di vista istituzionale e legislativo. A partire dall’istituzione di un unico Ministero, il Ministero per la Famiglia e le Pari opportunità (istituito nella XVIII Legislatura – Conte bis dal 05/09/2019), che potrebbe assumere una forte direzione strategica dei programmi dedicati alla prevenzione della violenza sulle donne e i bambini. Sono anche da ricordare i più recenti provvedimenti normativi, che tutelano gli orfani di femminicidio (la Legge n. 4 dell’11 gennaio 2018, il Decreto 71 del 21 maggio 2020) e/o in generale i bambini vittime di violenza assistita (ad es. il c.d. Codice Rosso, Legge 69 del 19 luglio 2019, che prevede un inasprimento delle pene in presenza di minore). Si tratta di segnali importanti, che evidenziano la stretta relazione tra violenza contro le donne e quella contro i bambini, e sottolineano la necessità di protezione e cure particolari per i bambini vittime di violenza assistita. Ma non sono ancora sufficienti. Come dimostrano i dati più recenti, la violenza contro le donne, e dunque contro i bambini, sono aumentati.

Se si vuole intaccare questo fenomeno alla radice, è fondamentale predisporre programmi e strumenti che mirino non solo al contrasto, ma anche e soprattutto alla prevenzione della violenza contro le donne e i bambini. Bisogna sensibilizzare e informare l’opinione pubblica, con l’obiettivo di scardinare modelli culturali, stereotipi e pregiudizi sulle differenze di genere, dai quali origina la violenza. Bisogna educare le nuove generazioni al rispetto della parità e all’uguaglianza di opportunità, con particolare attenzione agli adolescenti, essendo questa fase della vita un momento cruciale per poter incidere in modo importante e duraturo sulla prevenzione della violenza nei ragazzi e nelle ragazze. Infine bisogna promuovere interventi di empowerment femminile, volti a rafforzare le capacità di autodeterminazione delle donne, non solo per fuoriuscire ma anche prevenire situazioni di violenza lesive dei lori diritti e di quelli dei loro figli e figlie.

 

A cura di Elena Caneva, WeWorld onlus

 

Fonte dati:

 

Eures (2020), 91 donne vittime di femminicidio nel 2020. Uccisa 1 donna ogni 3 giorni,

Istat (2020), Il numero verde 1522 durante la pandemia (periodo marzo-giugno 2020),

Polizia di Stato (2020), Questo non è amore 2020,

Istat (2015), Violenza dentro e fuori la famiglia,

WeWorld (2017), Gli italiani e la violenza assistita: questa sconosciuta,

 

Per approfondimenti si veda la sezione del sito: Violenza