I primi mille giorni di vita influiscono in modo significativo sugli sviluppi dell’esistenza di una persona. Nei primi anni dopo la nascita si acquisiscono quelle abilità cognitive (come il linguaggio, la memoria, l’intelligenza), socio-emozionali (il comportamento individuale, la capacità di adattamento, la sociabilità) e fisiche (lo stato nutrizionale e di salute, la massa corporea, le capacità visive e uditive) essenziali per la vita successiva. Ciò che può essere d’ostacolo all’acquisizione di queste cose sono le situazioni di deprivazione e vulnerabilità. In Italia i nuclei familiari con minori in stato di povertà sono molti e paradossalmente sono proprio i bambini e le bambine nella fascia tra 0 e 3 anni a registrare l’incidenza più alta di povertà assoluta (14,7%). Quasi un bambino su sei tra 0 e 3 anni vive al di sotto dello standard minimo.
Allo scopo di comprendere meglio la situazione e le difficoltà dei genitori con minori, è stato condotto uno studio nazionale sulle famiglie che si rivolgono alla rete Caritas, che sono quindi in una condizione di conclamata difficoltà socioeconomica, assimilabile alla condizione di povertà assoluta, che hanno al loro interno bambini nella fascia 0-3 anni. Lo studio si è sviluppato lungo due percorsi di ricerca distinti, ma complementari, uno di taglio quantitativo e uno di taglio qualitativo. Il primo è stato realizzato su un campione rappresentativo di persone accompagnate dalle Caritas, il secondo attraverso focus group realizzati con le famiglie in stato di deprivazione e con operatrici dei servizi Caritas e dei progetti di Save the Children.
La Caritas aiuta e accompagna molti nuclei familiari con bambini sotto i 3 anni di età. Soltanto nei centri di ascolto si può evidenziare un universo di 12.591 nuclei assistiti con figli 0-3. Tali famiglie rappresentano circa il 9% delle famiglie con minori assistite complessivamente dalla Caritas. Circa 2 famiglie su 3 sono straniere. Il 49% delle famiglie povere con bambini aiutate dai Centri di Ascolto Caritas vive nelle regioni del Nord Italia, territori di norma meno segnati dalla povertà ma dove è più elevata l’incidenza di famiglie straniere residenti, con prole al seguito.
Colpisce il fatto che un genitore su tre dichiara di avere un’occupazione, a conferma della tendenza in crescita della povertà tra le famiglie dei working poor. Purtroppo, anche nel caso delle famiglie con bambini piccoli, il lavoro non è più garanzia sufficiente di protezione dalla povertà economica. Collegato a questo tema è la correlazione tra stato di deprivazione e bassi livelli di istruzione, nonostante la giovane età del sotto-universo. Complessivamente, infatti, oltre il 60% degli assistiti con figli 0-3 anni ha al massimo un titolo di licenzia media inferiore. Dato che supera il 66% tra le persone di cittadinanza italiana. Il possesso di un basso capitale formativo e educativo si pone negativamente, in tanti modi, tra cui la difficoltà ad accedere alla complessità del sistema di welfare e dei servizi locali, accesso spesso digitale, che richiede un livello di capitale culturale sempre più consistente.
La presenza di tali nuclei nell’ambito della Caritas desta tristezza e preoccupazione: per il solo fatto di avere dei minori all’interno della famiglia queste situazioni andrebbero prese in carico in modo tempestivo e adeguato dal servizio pubblico. Colpisce invece il fatto che la prima rete di supporto indicata dalle famiglie bambini piccoli coincide con le associazioni di volontariato, dalle quali riconosce di essere supportato il 60,5% del totale (senza particolari differenze tra italiani e stranieri). È una quota di presa in carico superiore a quella dei servizi sociali: i dati raccolti indicano infatti che risulta preso in carico dai servizi sociali solo il 44,5% dei nuclei con bambini piccoli assistiti dalla Caritas. Il sostegno fornito dalle associazioni di volontariato riguarda per lo più gli aiuti alimentari, i prodotti per neonati, le spese legate all’abitazione e i contributi economici.
Anche se l’incidenza di aiuti dai servizi pubblici è superiore a quella registrata per gli assistiti dalla rete Caritas in termini complessivi, siamo tuttavia di fronte ad una insufficiente assunzione di responsabilità da parte dell’ente pubblico, che dovrebbe garantire alle famiglie con bambini il diritto aduna vita libera dalla povertà.
A cura di Walter Nanni, Caritas Italiana
Per approfondimenti si veda il rapporto “Domani (Im)possibili”
e la sezione del sito del Gruppo CRC dedicata a Persone di età minore in condizioni di povertà in Italia