Il recente Piano strutturale e di Bilancio di Medio termine inviato a Bruxelles sta rimettendo in discussione gli impegni presi con la legge di Bilancio 2022 di garantire entro il 2027 una copertura del 33% dei servizi educativi per l’infanzia su base locale sia a livello comunale che di bacino territoriale. Oggi il governo fissa il 33% come media nazionale e il 15% a livello regionale con una evidente ricaduta sulle regioni del sud.
Col D.Lgs. 65/2017 in attuazione della legge quadro 107 intitolata la Buona scuola si è aperta in Italia una nuova visione che prospetta a fondamento della scuola il diritto all’educazione per la fascia di età dei cittadini dalla nascita ai sei anni. Una visione inedita in quanto ricolloca i servizi educativi (nidi di infanzia e ogni altra tipologia ben descritta negli Orientamenti nazionali dei servizi educativi del 2022) in una nuova cornice istituzionale fondata sul riconoscimento del diritto dei cittadini più piccoli a frequentare servizi educativi di qualità in un ‘ciclo formativo integrato’ con le scuole dell’infanzia. Le cornici istituzionali in un paese democratico hanno grande valore perché favoriscono il principio di universalità dei diritti verso la piena cittadinanza fin dalla nascita di ogni bambino e bambina. La storia dei servizi educativi in Italia, benché a macchia di leopardo, è nata e cresciuta nei territori e nelle contrade di alcune Regioni fin dagli anni Sessanta. Essa ha costruito un patrimonio culturale che mostra come a partire da un principio di assistenza alle famiglie più bisognose si sia scoperta l’infanzia, non solo come età portatrice di bisogni specifici ma di diritti di cittadinanza. A partire dalla nascita la dimensione sociale dell’educazione è per la crescita e per l’apprendimento una condizione essenziale e vitale, non solo per scongiurare le diverse condizioni mortificanti di bambini e adulti, bensì per favorire dal presente una società ricca di possibilità inclusive, di salute e di cultura verso il futuro. Il patrimonio educativo migliore cresciuto nei nidi di infanzia ha aperto una rinnovata speranza affinché la scuola possa rappresentare quel contesto di apprendimento, per ogni bambino e bambina insieme agli adulti, in grado di coltivare quella speranza in reale possibilità.
Tornando al 2017 l’orizzonte pareva a portata di mano anche se, a ben guardare, il paese Italia è caratterizzato da differenze fra regioni, fra città e periferie, fra città e piccoli/medi comuni. Se la scuola rappresenta il contesto privilegiato di apprendimento per i bambini altrettanto essa, in quanto istituzione democratica, diviene il motore di una comunità educante e dunque contribuisce a far crescere nell’insieme quella cultura educativa di riferimento e di scambio con i cittadini-genitori, con le famiglie nei territori delle città come delle campagne. L’obiettivo di costruire in ogni Regione un sistema formativo integrato zerosei è una sfida complessa e possibile che apre un nuovo orizzonte: costruire il primo gradino/ciclo del più ampio sistema scolastico nazionale. Per fare ciò occorre mettersi in viaggio insieme a tante Istituzioni, a tutti gli Enti locali, agli Istituti Comprensivi, ai soggetti del terzo settore, alla federazione FISM, consapevoli del lungo percorso nel presente e da non rimandare al futuro. In fase pandemica la negoziazione in Europa dei fondi relativi al Piano Next Generation EU portando risorse cospicue (PNRR) ha impresso un’ulteriore svolta verso la realizzazione di quel principio universale attraverso la costruzione di nuovi edifici scolastici dedicati all’infanzia.
Oggi le misure adottate dal governo a proposito dei LEP (ribasso al 15% a livello regionale), a proposito dei tagli alle risorse per gli Enti locali( già dal 2025 i Comuni, le Province e le Regioni dovranno tagliare i propri servizi per circa 350 milioni di euro), dopo aver revisionato nel 2023 il PNRR con un taglio di 100.000 posti di nido e scuola dell’infanzia (si tratta di una diminuzione da 264.480 a 150.480 posti) hanno il significato di uno stop alle politiche a favore della costruzione del sistema formativo integrato confermando quella forbice che differenzia il rispetto dei diritti all’educazione dei bambini a seconda della loro residenza. Le misure vanno viste nel loro complesso e non solo singolarmente per comprendere come esse possano mettere a rischio le azioni dei Comuni e delle Regioni a proposito di servizi educativi e di scuole dell’infanzia in modo complessivo e differenziato.
A cura di Paola Vassuri, Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
Per approfondimenti sui temi relativi al PNRR e LEP e per uno studio dei dati relativi all’offerta dei servizi educativi in Italia si veda il Report sui servizi educativi per l’infanzia pubblicato da Istat;
si veda inoltre la sezione del sito del Gruppo CRC dedicata a L’educazione dei bambini sotto i sei anni: servizi educativi per l’infanzia e scuole dell’infanzia.