Riaprono le scuole di ogni ordine e grado; secondarie a rotazione. Dei vari patchwork nazionali realizzati sinora per contrastare la pandemia da COVID-19 quelli dedicati alla scuola, alle attività sportive, agli spazi culturali non sono stati considerati essenziali e, comunque, secondari ad altri. L’attività educativa è stata la prima ad essere chiusa e tra le ultime a riaprire.

Bambini e adolescenti: dopo.

Ancora una volta, a loro i diritti sono negati. Rientrare a scuola per “concludere” l’anno scolastico giunge almeno stonato dopo due anni scolastici caratterizzati da un apprendimento sperimentale sia nelle modalità che nei mezzi, sia per i docenti che per i discenti. Un percorso educativo “aggiustato”, non valutato e neppure validato in corso d’opera. La didattica a distanza, espressione di distanziamento sociale e di limitazione delle relazioni, ha contribuito ad acuire le disuguaglianze, in particolare tra i giovani. Tornare a scuola per riprendere il programma “normale” e svolgere, sin dal primo giorno, le “verifiche” come è stato detto e fatto, non può che sottolineare non solo la disattenzione di un sistema che dovrebbe essere un servizio, ma anche l’incapacità di pensare a come riannodare fili, riparare strappi, tessere nuove relazioni in modo partecipato e condiviso tra docenti, discenti e famiglie. In particolar modo le mamme, perché educare i bambini a casa e prendersi cura dei familiari oltre a lavorare da casa è stata una sfida per la maggior parte delle donne, il che generalmente aumenta lo stress del caregiver.

La maggior parte delle mamme ha “bocciato” la didattica a distanza per diversi fattori quali l’organizzazione, la partecipazione richiesta, la scarsa relazione e, ancor di più, la scarsa resa educativa/formativa dei propri figli. La perdita del contesto spaziale, sociale e temporale della scuola, la distanza fisica, dagli insegnanti e l’assenza di feedback non verbali (sguardo, contatto fisico) hanno impoverito e reso scarso il percorso educativo. Gli strumenti utilizzati hanno contribuito a inasprire questa distanza fisica promuovendo la mancanza di attenzione e lo scarso interesse nel seguire le lezioni. Il rischio di compromissione degli aspetti cognitivi, emotivi e relazionali conseguenti alla prolungata chiusura è elevato.

Numerosi studi, anche italiani, hanno documentato l’aumento di stress psicologici (ansia, disturbi del sonno e dell’alimentazione) negli scolari. Se il distanziamento sociale imposto per contrastare la pandemia ha condizionato l’attività quotidiana dei giovani, gli esiti peggiori li hanno subiti quei bambini e quegli adolescenti per i quali i rapporti di relazione erano già una criticità. Il permanere delle restrizioni sociali portano ad acuire il bisogno e la conseguente domanda di assistenza e cura.

La domanda è maggiore per i più fragili, coloro che vivono in condizioni di disagio/disturbo di relazione, comportamento e apprendimento; di bisogno economico, sociale e sanitario.

Un bambino e un adolescente su 10 soffrono, in varia forma e gravità, di un disturbo psicologico o mentale. L’inadeguatezza, per numero e qualità di offerta di cura, dei servizi pubblici di neuropsichiatria infantile costringe oltre la metà delle famiglie a rivolgersi al privato facendo fronte a costi e a difficoltà di reperire professionisti e strutture, nell’incertezza della qualità delle risposte. Le disuguaglianze nell’offerta e nell’accesso ai servizi di neuropsichiatria sia ospedalieri che territoriali, ma anche delle comunità di cura, è enorme su tutto il territorio nazionale; non è associata solo alla latitudine (nord-sud), ma è ampia anche all’interno delle singole regioni.

Le criticità dei servizi di neuropsichiatria limiteranno ulteriormente sia l’accesso alle cure che un’appropriata risposta ai bisogni di salute creando ulteriori disuguaglianze e negando diritti.

Nell’11° Rapporto CRC il Gruppo CRC ha raccomandato al Ministero della Salute e alla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome di istituire un osservatorio epidemiologico nazionale permanente della salute in età evolutiva, che possa monitorare in modo sistematico, continuo e appropriato i bisogni evasi e inevasi di questa popolazione fragile; inoltre, anche ai Servizi di neuropsichiatria, di attivare interventi mirati al potenziamento dei servizi prestati e al miglioramento della qualità delle cure. Il Collegio Nazionale dei Dipartimenti di Salute Mentale è intervenuto in proposito in sintonia con queste raccomandazioni. L’avvio dell’iter in commissione Affari sociali della Camera della risoluzione sulla neuropsichiatria rappresenta un’ulteriore iniziativa affinché le croniche carenze organizzative, formative e culturali dei percorsi di cura per una migliore ed equa salute mentale dei bambini e degli adolescenti, che la pandemia ha esasperato, trovino risposte appropriate, innovative, continuative e monitorate.

 

A cura di Maurizio Bonati, Istituto Mario Negri IRCCS, Milano

 

Per approfondimenti si veda la sezione del sito dedicata alla Salute Mentale