Ormai è riconosciuto che lo sport oltre alla sua funzione sociale ed educativa, è elemento fondante della strategia italiana per la promozione della salute, perché dove si fa più sport c’è una salute migliore.

La parola sport e il riconoscimento del suo valore educativo, formativo e di benessere psico-fisico è entrata nel settembre 2023 a far parte del testo Costituzionale, con la modifica all’art. 33, che introduce il nuovo comma “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”.

Tuttavia, sebbene l’art. 3 della Costituzione affermi che “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana […]”, le ricerche presenti dimostrano che esiste un enorme divario tra il Nord e il Sud Italia per quanto concerne la tutela di molti dei diritti fondamentali, creando così delle disuguaglianze che risultano ancora più gravi e radicate se si osservano i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, come evidenziato anche nel recente Rapporto del Gruppo CRC “I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia – i dati regione per regione”.

A confermare questo divario, il Rapporto sull’offerta di impianti e servizi sportivi nelle regioni italiane, una delle ultime indagini realizzate da Svimez e da Uisp Nazionale, con il sostegno di Sport e Salute SpA, aggiunge dati interessanti rispetto alle disuguaglianze sociali che attraversano l’Italia, confermando l’amara consapevolezza che i diritti dipendono in larga misura dalla regione di residenza, diventando di fatto “privilegi” di alcuni.

Dal Rapporto si evince che più della metà delle strutture sportive pubbliche e private di interesse pubblico sono collocate al Centro-Nord (74%) mentre solo il 26% si trova nelle regioni del Sud, confermando la correlazione tra i livelli di sedentarietà registrati nelle diverse regioni italiane e il numero di impianti sportivi pro-capite: infatti le regioni del Mezzogiorno registrano livelli di sedentarietà ben al di sopra della media nazionale con il 31,35% dei bambini in sovrappeso e, allo stesso tempo, riportano una percentuale inferiore per quanto riguarda la presenza di impianti.

E sempre in tema di minorenni, il Rapporto conferma una cristallizzazione dell’ampio divario tra gli studenti del Nord con quelli del Mezzogiorno: in Italia, infatti, solo 4 edifici scolastici su 10 sono dotati di una palestra. Più nel dettaglio, nel Mezzogiorno sono circa 550mila gli alunni delle scuole primarie (66% del totale), 328mila quelli delle scuole secondarie di I° grado (57% del totale) e ancora 550mila gli allievi delle secondarie di II° (57% del totale) che frequentano scuole che non sono dotate di una palestra.

È importante non dimenticare che per molte famiglie l’attività fisica dei propri figli e delle proprie figlie al di fuori dell’orario scolastico rappresenta un lusso e quindi l’attività sportiva svolta a scuola diventa per molti giovani una delle poche occasioni per praticare uno sport.  Le carenze strutturali per l’apprendimento informale registrate dalle regioni del Sud, unite ad una quota più elevata di famiglie in potenziale disagio specialmente economico, negano di fatto ai bambini e alle bambine gli spazi fondamentali alla relazione e all’incontro in cui perseguire e mettere in atto stili di vita sani, contrastando da un lato la sedentarietà e dall’altro la povertà educativa ed esperienziale. Negli ultimi anni la pandemia di Covid-19 e il conflitto russo-ucraino hanno contribuito ad aggravare la situazione determinando da una parte la diminuzione del numero dei tesserati e dei partecipanti alle iniziative sportive, mentre dall’altra importanti rincari dei costi dell’energia e delle materie prime che hanno indotto ad un rialzo delle tariffe proposte agli utenti mettendo a rischio la fruibilità dello sport sia per le categorie di soggetti fragili e a rischio di esclusione sociale sia per il target più giovane di bambini e ragazzi. In ultima analisi, sempre in merito al tema dell’uguaglianza e delle pari opportunità, il Rapporto sull’offerta di impianti e servizi sportivi nelle regioni italiane rivela una fotografia preoccupante nella quale un impianto sportivo su 5 (ovvero il 21%) è inaccessibile alle persone con disabilità. Questa percentuale è più alta nelle regioni meridionali, portando la media italiana in termini di accessibilità al 27,5%. Le percentuali peggiorano ulteriormente se vengono analizzati gli spazi riservati agli spettatori dello sport: nella metà degli impianti sportivi analizzati sul territorio nazionale (ovvero il 48,74%) non è garantito l’accesso a spettatori con disabilità. Questa percentuale nel Mezzogiorno si rivela ancora più grave, affermandosi del 54% e confermando la mancanza, per alcune persone, sia del diritto a partecipare e sia di poter assistere come spettatore allo sport, elemento questo di discriminazione non tollerabile.

È necessario evitare in tutti i modi che anche lo sport diventi elemento di disuguaglianza, al contrario deve essere una spinta di contrasto degli squilibri tra Nord e Sud per garantire diritti uguali per tutti i cittadini. Il Rapporto sugli impianti sportivi in Italia, con la sua fotografia attenta, mostra una possibile strada: passare da una concezione di welfare di protezione ad una idea nuova di welfare di promozione, di sviluppo, di innovazione essendo lo sport, infatti, anche occasione di lavoro per gestori, operatori, organizzatori, istruttori.  L’investimento sugli impianti e sui servizi sportivi deve essere parte delle politiche di sviluppo del Paese: servono certamente risorse per costruire nuovi impianti, ma anche per garantirne la gestione. È necessaria, inoltre, una assistenza tecnica per i Comuni che devono realizzare i progetti, seguendo il criterio del fabbisogno e non solo della capacità di vincere i bandi.

La pratica dello sport da parte dei minorenni, l’educazione fisica e lo sport nelle scuole, la tutela e la promozione dei diritti delle persone con disabilità anche in ambito sportivo infatti sono materie, individuate dal Comitato tecnico-scientifico con funzioni istruttorie, riferibili a livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e perciò devono essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale.

 

 

A cura di Loredana Barra, Responsabile politiche Educative e Inclusione, Uisp Nazionale

 

 

Per approfondimenti si veda il Rapporto sull’offerta di impianti e servizi sportivi nelle regioni italiane,

il Rapporto del Gruppo CRC “I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia – I dati regione per regione 2021

e la sezione del sito del Gruppo CRC a Il diritto al gioco e sport