A inizio ottobre il Comitato ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza ha pubblicato le tanto attese decisioni relative all’ammissibilità del cosiddetto “climate change case” (Sacchi et al v. Argentina e altri quattro casi simili), con le quali si marca un importante precedente: è infatti la prima volta che un organismo internazionale si esprime sul tema dell’inazione degli Stati rispetto al cambiamento climatico (climate inaction). Contestualmente alle decisioni sull’ammissibilità, il Comitato ha pubblicato una lettera aperta rivolta agli autori dei reclami e, per la prima volta, la versione child-friendly delle sue decisioni.

Le origini del caso risalgono al settembre 2019, quando 16 minori, difensori dei diritti umani e attivisti climatici, presentarono un’istanza al Comitato ONU contro Argentina, Brasile, Francia, Germania e Turchia, cinque dei principali produttori di emissioni al mondo e, al tempo stesso, Stati parti del Terzo Protocollo Opzionale sulle procedure di reclamo (Optional Protocol on a Communications Procedure – OP3). Secondo i minori, questi Stati avevano fallito nell’adottare le necessarie misure preventive volte a proteggere e realizzare i loro diritti, in particolare il diritto alla vita e alla salute e l’applicazione del principio del superiore interesse del minore. La crisi climatica, nei confronti della quale gli Stati si sono dimostrati inattivi, si identifica infatti prima di tutto come una crisi dei diritti dei bambini, ossia i soggetti più vulnerabili e maggiormente esposti agli effetti dannosi di questa emergenza mondiale.

Nonostante il caso sia stato dichiarato inammissibile ai sensi del Protocollo (mancato esaurimento dei rimedi nazionali disponibili ai sensi dell’articolo 7§e), è necessario riconoscerne comunque il successo, soprattutto dal punto di vista dell’empowerment e dell’attivismo giovanile. Oltre a sottolineare l’impatto negativo del cambiamento climatico sui minori, il Comitato ha riconosciuto che gli Stati hanno responsabilità transfrontaliere per l’impatto dannoso del cambiamento climatico sui diritti dei minori, aprendo alla possibilità di considerare futuri reclami simili, anche nel caso in cui le emissioni prodotte da un determinato Stato comportino effetti dannosi nei confronti di minori in altri Stati.

Consulta un’analisi condotta da Child Rights Connect sui punti principali delle decisioni del Comitato.

Per leggere il comunicato stampa e le decisioni del Comitato (disponibili in inglese).