Quando un bambino colpisce un bambino, si parla di aggressione.
Quando un bambino colpisce un adulto, si parla di ostilità.
Quando un adulto colpisce un adulto, si parla di assalto.
Quando un adulto colpisce un bambino, lo chiamiamo la disciplina.
(Haim G. Ginott)

 

Dal 1998, il 30 aprile decorre la Giornata Internazionale dell’Educazione NonViolenta, International Day to #EndCorporalPunishment – 2022 e, come ogni anno, è l’occasione per ricordare che pratiche educative violente, degradanti ed umilianti sono diffuse in tutto il mondo e rimangono ancora oggi la forma più comune di violenza contro bambini, bambine e adolescenti. Si stima che circa il 65% dei e delle minorenni di età compresa tra 2 e 14 anni abbia subito punizioni corporali (punizioni fisiche e/o aggressioni psicologiche) da parte dei genitori o di altri caregiver. Secondo i dati raccolti in 30 Paesi, sei bambini su dieci tra i 12 e i 23 mesi sono soggetti a disciplina violenta e di questi almeno la metà è esposta ad abusi verbali.

Secondo l’art.19 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, tutte le punizioni corporali violano il diritto dei bambini e delle bambine al rispetto della loro dignità umana e della loro integrità fisica, nonché il diritto alla salute, allo sviluppo, all’istruzione e alla libertà dalla tortura e da altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti.

La punizione corporale o punizione fisica è una pratica degradante, una chiara violazione dei diritti che produce seri danni nello sviluppo psicoaffettivo dei bambini e delle bambine. Il suo utilizzo inoltre, legittima l’uso della violenza e la sopraffazione quali comportamenti adeguati per relazionarsi in un conflitto, suggerisce modelli di comportamento che verranno utilizzati più facilmente nelle future relazioni con i propri pari e in seguito con i propri figli, alimentando un ciclo intergenerazionale di violenza, che oggi più che mai il mondo non può permettersi.

L’Italia soddisfa solo limitatamente l’obbligo di protezione dalle punizioni corporali perché nelle leggi del nostro ordinamento questo genere di violenze è espressamente vietato soltanto in ambito scolastico e dall’ordinamento penitenziario. Per ciò che concerne la famiglia, la Corte di Cassazione nel 1996 ha dichiarato illegittima ogni forma di punizione corporale, ma tale divieto non è stato ancora recepito tramite un adeguamento normativo.

A partire dal 7° Rapporto CRC  è stata sollecitata una riforma normativa, affiancata all’avvio di campagne di sensibilizzazione a supporto della genitorialità positiva e contro l’uso delle punizioni fisiche. Promuovere modelli di genitorialità più adeguati e rispettosi dei diritti dei bambini e delle bambine, appare necessario soprattutto in Italia, dove tuttora per molti genitori lo schiaffo è ritenuto un metodo educativo efficace o comunque tollerato.

Senza una riforma legislativa chiara e fortemente applicata che vieti le punizioni corporali in ambito domestico difficilmente si potrà avere un cambiamento culturale che faccia emergere quanto le punizioni corporali non siano una soluzione educativa, ma un danno irreparabile nella vita di bambini, bambine e adolescenti che la subiscono e per l’intera società.

La prevenzione è l’unica chiave per interrompere un circolo vizioso di violenza, ma gli investimenti in questo senso sono ancora fortemente carenti nelle politiche e nei bilanci dei governi.

Così anche nel 12° Rapporto CRC che uscirà a giugno, e, chiediamo ancora una volta che un diritto inalienabile, quello alla protezione da ogni forma di maltrattamento, possa finalmente essere garantito a tutti i bambini, le bambine e adolescenti.

 

A cura di Elisa Vellani e Isabella Tenti della Cooperativa Sociale EDI Onlus

 

Per approfondimento si veda la pagina dedicata del sito CRC sul tema delle Punizioni Corporali