Che il Covid 19 abbia avuto un impatto forte, in taluni casi devastante, sulle nostre vite è innegabile.  Ma la verità è che i danni che ha provocato (e continua a causare) sono molto superiori rispetto al bollettino quotidiano che ci viene consegnato. Covid 19 non è solo difficoltà respiratoria, ospedalizzazione, terapia intensiva, morte. Vi è una pandemia parallela, subdola, a cui è difficile attribuire un numero, una percentuale. Silenziosamente e inesorabilmente colpisce la mente e il corpo. Non impiega poche ore o qualche giorno come la forma classica, quella che ahimè noi tutti, per esperienza personale o attraverso la stampa, abbiamo imparato a conoscere. Può sembrare difficile da identificare, almeno all’inizio, perché i primi segni e sintomi possono essere sfumati. Depressione, ansia, irrequietezza, chiusura, inappetenza, rabbia, solitudine. L’elenco è lungo. E i pronto soccorso italiani e, a seguire i reparti di degenza, si sono visti invasi da adolescenti che rifiutavano l’alimentazione fino ad arrivare a condizioni di forte deperimento fisico. E se è vero che già prima del lockdown l’anoressia era un problema diffuso tra gli adolescenti, in questi ultimi mesi rappresenta una vera e propria emergenza. Anche perché l’età di insorgenza della anoressia nervosa si sta abbassando: circa il 20% delle neo-diagnosi ha infatti un’età compresa tra gli 8 e i 14 anni.  Ciò che colpisce è il volto dei giovani, giovanissimi, sdraiati nei letti degli ospedali, per combattere una patologia insidiosa, che colpisce sia il corpo che la mente. Accanto a loro genitori frastornati, spesso ancora increduli, che, con un senso di colpa si rimproverano di non aver capito che “quel muoversi continuamente, salire e scendere le scale non era solo fatto per combattere la noia del lockdown”.  O che esitano a credere al fatto che “anche se ancora una bambina”, proprio la loro figlia soffre di anoressia. C’è chi poi tra i genitori si sente “complice” di questa situazione e ammette: “all’inizio la aiutavo, quei chili di troppo in effetti non le facevano bene, ma poi non sono più riuscita a farle smettere la dieta”. Perché, lo ricordiamo, tra fattori predisponenti, oltre a episodi di bullismo subito, depressione, problemi familiari, vi è anche una storia personale di sovrappeso o obesità.  Le patologie neuropsichiatriche sono aumentate tra i giovani dall’inizio della pandemia. Questo è un dato di fatto. Lo confermano del resto i dati della Società Italiana di Pediatria, sulla base di una indagine condotta lungo lo stivale.  Le 9 sezioni regionali che hanno analizzato l’andamento epidemiologico in uno o più centri ospedalieri confermano un incremento di +84% di accesso ai Pronto Soccorso italiani per patologia neuropsichiatrica nel periodo marzo 2020-marzo 2021 rispetto al periodo pre-Covid (marzo 2019-marzo 2020). Ideazione suicidaria (+147%), depressione (+115%) e disturbi della condotta alimentare (+78,4%) occupano questo triste podio. Ma non solo. Posti letto occupati al massimo della loro capienza per settimane e netto innalzarsi delle richieste di aiuto, ovvero un sensibile incremento delle ospedalizzazioni, che hanno sfiorato il 40%. Questi dati ci restituiscono la fotografia di una patologia in costante aumento tra i nostri ragazzi, sempre più di difficile gestione sul territorio e che richiede pertanto un attento monitoraggio e un rapido intervento capillare da parte delle Istituzioni. In questo nuovo scenario è pertanto importante una supervisione sui minori, al fine di cogliere minime variazioni comportamentali, utili campanelli di allarme della patologia neuropsichiatrica. Incrementare la copertura vaccinale è altresì dirimente per evitare nuovi lockdown e per frenare cosi anche la pandemia parallela che colpisce corpo e mente dei nostri ragazzi.

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A cura di Elena Bozzola e Pietro Ferrara, Società Italiana Pediatria

 

Per approfondimenti si veda la sezione del sito dedicata a La salute mentale