Oggi, finalmente qualcuno scrive di tanti occhi che brillano dietro le mascherine. Il lockdown e i mesi che lo hanno seguito, frenetici e confusi, hanno reso evidenti sia i problemi irrisolti, sia l’importanza della scuola. Edifici, aule, spazi aperti, tecnologie, formazione digitale degli insegnanti; tempi, modalità e criteri del reclutamento, contraddizioni tra autonomia e centralismo. Troppe disparità, così come nel raggiungere e sostenere i più deboli, chi ha più bisogno di scuola, chi non ha voce.

La scuola sarà più difficile, più essenziale, più impegnata. Più difficile per le preoccupazioni e le paure di tutti, per le nuove norme che travolgono tradizioni, routine, modi di stare insieme, che si susseguono, che generano dubbi e che continueranno a cambiare. La scuola è sotto i riflettori per l’enorme bisogno che ne hanno i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, i genitori: mai come oggi tutti ne parlano, ne riconoscono le fragilità, sono costernati per il non fatto e per il tempo perduto. Non si parla però abbastanza della grande incertezza che pesa su tutti noi e soprattutto sui più deboli, perché quello che ci ha travolto è un fatto enorme, inaspettato, con il quale tutti si sono dovuti cimentare senza rete. Vedere i bambini e i ragazzi rientrare ordinati e rispettando le regole, ci solleva almeno un poco dall’angoscia che abbiamo provato nell’essere testimoni della reazione trasgressiva degli ultimi mesi.

La scuola sarà essenziale, più snella, più agile nonostante le nuove regole, concentrata su quanto è più importante: permettere ai bambini e alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze di incontrarsi e lavorare tra loro e con i loro insegnanti, anche a prezzo di aule più spoglie e prive di tracce ma che offrono spazi nuovi, aperti e leggeri, pensata come contesto di relazioni. La scuola ha l’occasione di ragionare, attraverso gli ambienti che offre e i contenuti che proporrà agli studenti, anche ai più piccoli, sulle regole di vita democratica che oggi si manifestano nella concretezza quotidiana dell’imparare a stare insieme in modo nuovo, nell’urgenza di riconoscere e includere tutti.

Sarà più impegnata attraverso i patti di corresponsabilità se saranno meditati, profondi, presi sul serio con una grande lealtà e fiducia reciproca fra insegnanti, ragazzi e genitori. Più impegnata nel fare rete tra tutti coloro che nella scuola si incontrano per lottare insieme, per rinnovarla, per farle svolgere il suo compito e per trovare soluzioni a problemi imprevisti. Impegnata non tanto nel recuperare ciò che non si è fatto, affollando la didattica con i programmi non svolti, ma aiutando i ragazzi a riprendere il ritmo, ad affrontare lo studio nell’incertezza e a guardare con realismo e fiducia al futuro.

Avrà il compito urgente di accogliere, ritrovare, dare priorità ai più deboli che sono stati i più soli. Ci saranno bambini che parlano meglio la loro lingua materna, praticata nei mesi di isolamento con i loro genitori e che avranno, poco o molto, dimenticato la lingua italiana, bambini che dovranno riprendere un percorso di socializzazione.

Si sentono energia e speranza al di là delle preoccupazioni e delle infinite critiche. Molti insegnanti hanno trovato tutti i modi possibili, per mantenere il contatto con i bambini, altri sono stati assenti; chi ha voluto ha imparato in questi mesi che possiamo “tenere”, che i bambini e i ragazzi hanno sofferto con noi ma possono farcela, vulnerabili ma resilienti.

La scuola dovrà saper ascoltare, leggere le domande espresse e inespresse dei ragazzi e delle ragazze, dei bambini e delle bambine, trovando risposte attraverso l’organizzazione, la comunicazione, i contenuti dell’insegnamento.

Sarà difficile ma i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze sanno essere pazienti, ridenti, saggi.

 

Susanna Mantovani, Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia

 

Per Approfondimenti si veda la Sezione del sito: “Educazione, gioco e attività culturali