Il patrimonio culturale presente in Italia è uno dei più estesi al mondo. Basti pensare al numero di beni italiani iscritti nel patrimonio Unesco: quasi 60, dato che ne fa il primo paese davanti alla Cina (56), Germania (51), Spagna e Francia (entrambe a quota 49).

Un patrimonio culturale da intendere in senso ampio, comprendendo edifici storici, complessi monumentali e archeologici, ma anche elementi paesaggistici e naturali, nonché musei, biblioteche, oggetti, usi, costumi e tradizioni. A fronte di tale ricchezza di beni culturali, materiali e immateriali, presenti nel nostro paese sarebbe legittimo aspettarsi una fruizione diffusa da parte di bambini e ragazzi. Oggi spesso purtroppo non è così.

In Italia in media meno di un terzo delle famiglie con figli ha dichiarato di aver visitato un sito culturale, come monumenti storici, musei, gallerie d’arte e siti archeologici nei 12 mesi precedenti all’intervista.

Una quota ben al di sotto della media europea (42,5%) e distante dai maggiori paesi dell’Unione. In Germania le famiglie con figli a carico che hanno visitato siti culturali sono poco meno della metà del totale (49,7%), in Francia sono il 53,8%. È quanto emerge da un’indagine Eurostat relativa al 2015.

Ma a preoccupare, oltre al dato medio, è soprattutto il divario rispetto al reddito delle famiglieTra quelle con i redditi più bassi, rientranti nel quintile più povero, meno del 14% ha dichiarato di aver visitato luoghi culturali, una quota inferiore rispetto alle famiglie povere in altri 20 paesi. In Francia ad esempio il 35,1% dei nuclei più poveri aveva una partecipazione culturale maggiore, così come il 31,6% delle famiglie svantaggiate in Germania.

Simili disparità segnalano come, per valorizzare il patrimonio culturale del paese, sia imprescindibile estenderne l’accessibilità. Per contrastare la povertà educativa minorile, le strutture museali hanno a disposizione una gamma di interventi che va dalle agevolazioni sui prezzi per famiglie e minori alla stipula di convenzioni con le scuole.

È cruciale la costituzione di veri e propri patti educativi territoriali che mettano in rete i soggetti che si occupano dell’educazione di bambini e ragazzi: dagli istituti scolastici alle associazioni sportive, dalle biblioteche alle istituzioni culturali. Tra cui, per l’appunto, i musei e le strutture assimilate.

Nel 2021 sono 524 i musei che hanno attivato rapporti di collaborazione con altri musei, associazioni, enti, cooperative, scuole, università e altri soggetti, con l’obiettivo di realizzare progetti di inclusione rivolti a persone che vivono in povertà economica, educativa o culturale.

Parliamo di poco più di una struttura su 10 tra le 4.292 censite da Istat per quell’anno.

Una quota fortemente variabile tra le diverse aree del paese. Sono soprattutto le regioni del sud quelle dove incide di più la quota di musei che hanno realizzato progetti di contrasto alla povertà educativa nel 2021.

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