Nel 1900 Francesco Saverio Nitti (meridionalista, più volte ministro e presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia, radicale) scrisse “Prima del 1860 non era quasi traccia di grande industria in tutta la penisola. La Lombardia, ora così fiera delle sue industrie, non aveva quasi che l’agricoltura; il Piemonte era un paese agricolo e parsimonioso, almeno nelle abitudini dei suoi cittadini. L’Italia centrale, l’Italia meridionale e la Sicilia erano in condizioni di sviluppo economico assai modesto. Intere province, intere regioni eran quasi chiuse ad ogni civiltà.”

Ad oltre un secolo e mezzo lo sviluppo economico ha interessato tutta la nazione così come quello sociale. Tuttavia le disuguaglianze del tenore di vita, della qualità della vita e del benessere percepito dai cittadini rimangono ampie e associate alla latitudine. Disuguaglianze che si caratterizzano sin dal momento della nascita, si mantengono crescendo e cronicizzano nell’età adulta. I determinanti sono ben noti e la povertà (economica, educativa, sociale) li sintetizza. Condizioni a cui anche la iniqua ripartizione delle risorse e/o il loro inappropriato utilizzo a livello regionale e locale hanno contribuito a rendere inefficaci le forme di contrasto sinora attivate. Oggi però l’immagine nazionale della disuguaglianza è cambiata. Se sino a pochi lustri fa nascere nelle Regioni meridionali significava nascere in un Paese diverso rispetto al Nord, oggi il Paese diverso possono essere i Comuni, i distretti e i quartieri di qualsiasi parte del territorio nazionale.

Nascere. La speranza di vita di un bambino nato a Napoli è 5 anni inferiore di quella di un suo coetaneo fiorentino, ma la stessa differenza è descritta per i bambini torinesi residenti in zone cittadine a basso o alto reddito.

Se di 100 bambini residenti a Cagliari 31 possono frequentare l’asilo nido e 21 a Nuoro con analoghe differenze intra-regionali dei loro coetanei emiliani, solo 7 a Palermo o Catania e 2 a Reggio Calabria sono invece i potenziali beneficiari. Ma risiedere fuori dai capoluoghi di provincia accentua ulteriormente ovunque la disuguaglianza nell’accesso a tutti i servizi socio-educativi dell’età prescolare.

I servizi per i minori e le famiglie con figli assorbono la quota più ampia della spesa sociale dei singoli Comuni, ma i Comuni calabresi investono 26 euro pro-capite anno contro i 316 euro dei comuni dell’Emilia-Romagna.

Crescere. Il tasso di natalità si è dimezzato dal 1975 al 2018 a livello nazionale, ma non in modo omogeneo e ubiquitario. Nel periodo 2008-2017 a Cagliari il calo delle nascite è stato del 43%, mentre a Sassari si è avuto un incremento del 21%, a Nuoro del 2%. Diminuiscono le nascite, ma i tassi di fecondità e di interruzione volontaria della gravidanza tra le minorenni rimangono pressoché invariati con le prevalenze maggiori nelle Regioni meridionali per le nascite, mentre in Puglia e Liguria le interruzioni volontarie di gravidanza tra le minorenni si mantengono più elevate rispetto alle altre Regioni. Sono almeno 5000 le adolescenti interessate secondo i dati ufficiali, sebbene il sommerso esista ed è difficile da determinare con accuratezza. Una condizione a rischio di futura povertà umana per la madre e il bambino ancora priva di adeguata attenzione sia per l’attuazione di appropriate misure di contrasto, di sostegno sociale e di tutela dei diritti.

Le disuguaglianze (l’equità negata) non sono una questione meridionale, ma un’ingiustizia quotidiana comune ad ogni contesto e latitudine.

Dobbiamo quindi continuare tutti a fare qualcosa per migliorare la vita e i diritti di tutti, ovunque.

 

Maurizio Bonati, IRFMN Milano

 

Per approfondimento si veda:

I diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza in Italia. I dati regione per regione.