Il nuovo Report dell’OCSE Education at a Glance 2022 – Uno sguardo sull’istruzione è la principale fonte internazionale che ogni anno fornisce una comparazione delle statistiche nazionali grazie alle quali misurare lo stato dell’istruzione nel mondo. Il rapporto analizza i sistemi educativi dei 38 paesi membri dell’OCSE, più Argentina, Brasile, Cina, India, Indonesia, Arabia Saudita e Sud Africa. Oltre a un capitolo sull’impatto della crisi COVID-19, l’edizione di quest’anno include un focus sull’istruzione universitaria.

LE MAGGIORI CRITICITÀ IN ITALIA

Per quanto riguarda il focus sul nostro Paese, il Report evidenzia che, fra il 2000 e il 2021 i livelli di istruzione in Italia sono cresciuti più lentamente della media dei paesi OCSE. La quota di giovani fra i 25 e i 34 anni con un titolo di istruzione universitaria è cresciuta infatti di 18 punti percentuali (dal 10% nel 2000 al 28% nel 2021) rispetto a una crescita in media di 21 punti percentuali. L’Italia resta uno dei 12 paesi OCSE in cui la laurea non è ancora il titolo di studio più diffuso in questa fascia di età.

Un ritardo abbastanza preoccupante, specialmente se si considera che in tutti i paesi OCSE avere un titolo di studio terziario conviene perché garantisce migliori livelli di occupazione e retribuzione. È vero, tuttavia, che il beneficio economico in Italia risulta minore che in altri contesti: nei paesi OCSE in media un laureato nell’arco della vita lavorativa (25-64 anni) guadagna il doppio di chi non ha un titolo di istruzione secondaria superiore; in Italia questo vantaggio è molto meno cospicuo: 76% in più.

A questo, si aggiunge un altro importante dato che emerge nel Report: la crescita del numero già elevato dei giovani adulti che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo, ovvero i NEET, rischiando di avere risultati economici e sociali negativi a breve come a lungo termine. Dopo essere salita al 31,7% durante la pandemia nel 2020, la quota di NEET tra i 25 e 29 anni in Italia ha continuato ad aumentare fino al 34,6% nel 2021. Tale quota è diminuita tra il 2019 e il 2020 dal 28,5% al 27,4% per i giovani tra 20 e 24 anni, ma è poi aumentata fino al 30,1% nel 2021. Questa situazione rischia di perpetuare il circolo vizioso che va dalla povertà economica a quella educativa, e viceversa.

I RISULTATI INCORAGGIANTI DEL NOSTRO SISTEMA D’ISTRUZIONE

Nel confronto internazionale emergono anche alcune questioni evidenziate come punti di forza o comunque incoraggianti.

Fra questi, primo fra tutti l’elevata percentuale di bimbi fra i 3 e i 5 anni che frequentano la scuola dell’infanzia (92%), un dato che colloca il nostro Paese al di sopra della media OCSE, anche se bisogna ricordare che il monte orario di insegnamento dell’Italia inferiore alla media europea (rispettivamente 945 e 1071 ore), che si concretizza in una minore offerta oraria nelle regioni meridionali. Nei successivi gradi di istruzione il monte ore (744 alla primaria, 608 alle medie e 608 alle superiori) risulta comunque di poco sotto la media UE (rispettivamente 740, 659 e 642), anche se sono presenti in Italia forti disuguaglianze territoriali nell’offerta di tempo pieno nei gradi inferiori, con le regioni del sud in netto svantaggio rispetto a quelle del nord.

 

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