Ricordiamoci dei bambini e delle bambine e delle tante fragilità che ci stanno segnalando gli operatori  

Stiamo attraversando un momento difficile e nel superare questa emergenza va posta particolare attenzione anche alla situazione di migliaia di persone di minore età, che rischiano di restare “invisibili”.

E’ ormai chiaro a tutti che l’emergenza Covid19 che stiamo vivendo è una crisi sanitaria che ha ed avrà un impatto economico enorme a tutti i livelli, su cui c’è forte preoccupazione ed attenzione da parte del Governo. Ma tra gli effetti nel breve e nel medio periodo non va trascurato l’impatto sociale dell’emergenza rispetto ai bambini, alle bambine e agli adolescenti, soprattutto per coloro che vivono in contesti e situazioni di fragilità e in condizioni di svantaggio economico, educativo e socio-relazionale. Bambini e adolescenti che non hanno più il supporto della scuola, dei servizi della prima infanzia, delle reti educative, degli operatori socio-sanitari, della comunità educante.

La necessità di tutelare il diritto alla salute contrastando l’emergenza COVID19, non deve farci scordare gli altri diritti di cui sono titolari i minorenni, ed in particolare i quattro principi generali della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: il  diritto di non discriminazione, il diritto alla vita, alla sopravvivenza ed allo sviluppo, il superiore interesse del minore ed il diritto di partecipazione ed ascolto dei ragazzi/e in tutte le situazioni che li riguardano.

Al 1 gennaio 2019 gli 0-17enni residenti nel nostro Paese erano 9.679.134. Nella media 2017-2018, le famiglie con almeno un minore sono il 24,8% sul totale delle famiglie in Italia (una su quattro), di cui l’81,7% composte da coppie con figli, il 13,7% da monogenitori e il 4,6% da due o più nuclei (Fonte ISTAT – anno 2018).

Tra loro sono 1.260.000 quelli che vivono in povertà assoluta a cui corrispondono 725.000 famiglie. Un numero che è più che triplicato in dieci anni, passando dal 3,7% del 2008 al 12.5% del 2018, mettendo in evidenza come si tratti della fascia della popolazione che ha subito maggiormente il peso della crisi, e che potenzialmente potrebbe subire fortemente anche il peso dell’emergenza. Sono minorenni che vivono in famiglie fragili, povere di reti sociali che non hanno le condizioni per condurre una vita accettabile. In tale contesto di fragilità, l’attuale situazione non potrà che aumentare la loro vulnerabilità. La misura del reddito di cittadinanza, come evidenziato nell’ultimo Rapporto CRC, ha messo in luce uno sbilanciamento verso la popolazione adulta in quanto su 825.349 famiglie che avevano usufruito della misura solo 339.642 hanno soggetti di età minore al proprio interno.

Non ci sono invece statistiche sulla povertà educativa, perché riguarda diverse dimensioni ma sappiamo che priva milioni di bambini e adolescenti delle opportunità di crescita e formazione, perché non hanno le stesse opportunità rispetto ad altri loro coetanei di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni.  Al termine dell’emergenza, servirà un Piano di contrasto alla povertà educativa, con un investimento di medio periodo che possa riequilibrare gli effetti della crisi in corso, in modo che tali effetti non siano moltiplicativi rispetto a condizioni di dislivelli e divari territoriali e sociali preesistenti all’emergenza.

Gli studenti che frequentano l’anno scolastico 2019/2020 sono quasi 8,5 milioni (Fonte MIUR – Ufficio Gestione Patrimonio Informativo e Statistica). A seguito della chiusura delle scuole c’è stato un impegno da parte di scuole ed insegnati per garantire la didattica a distanza, ma occorre anche pensare agli studenti “disconnessi” che non sono in grado di seguire le lezioni on line perché non hanno la connessione internet o i supporti tecnologici o il supporto necessario per potervi accedere. Le “disuguaglianze educative” sono ancora più gravi per i bambini con bisogni educativi speciali o con disturbi nell’apprendimento, che in questo periodo si sono trovati privati dei loro riferimenti, e per i quali è indispensabile attivare percorsi e strumenti ad hoc per rendere la didattica digitale effettivamente inclusiva. La fruizione a macchia di leopardo della didattica a distanza accrescerà in modo esponenziale i divari sociali e territoriali nei livelli di apprendimento già molto forti in Italia.

Altro tema da tener presente, che si lega alla povertà assoluta, è quella dei pasti che venivano garantiti nel sistema di refezione scolastica per gli alunni in condizioni di povertà economica, e che ora si trovano privi di tale sostegno.

I minori fuori dalla propria famiglia di origine secondo gli ultimi dati disponibili sono 26.615 (di cui 14.012 in affido familiare e 12.603 in strutture comunitarie). Le comunità di accoglienza e le famiglie affidatarie in questa fase di estrema gravità e emergenza continuano a essere risorse importanti per la tutela e la protezione dei bambini e ragazzi accolti. Tuttavia si segnala come non c’è attenzione nè misura di sostegno (neppure in riferimento ai dispositivi di protezione individuale) a favore di interventi, dispositivi, strumenti (es. per facilitare le relazioni “da remoto” con le famiglie d’origine, con la scuola, con le reti sociali). Il DPCM CURA ITALIA ha disposto la permanenza “in casa”, senza però fornire indicazioni in merito ai rapporti dei i bambini/ragazzi in affidamento familiare o in comunità con le famiglie di origine e per questo è stata sollecitata l’emanazione di Linee guida in merito a livello nazionale. Si veda a tal proposito la Lettera aperta al governo e alle istituzioni per un #decretobambini promossa da alcune associazioni.

Ci sono anche molti minorenni non allontanati dalle proprie famiglie, ma che vivono in situazioni familiari “a rischio”. Per questi ragazzi stare a casa, senza andare a scuola, senza contatti sociali e – dunque – senza essere adeguatamente supportati, ha gravi ripercussioni sulla loro quotidianità e sulla possibilità di favorire percorsi di prevenzione e di accompagnamento. Sono circa 450 mila in Italia i minorenni in carico ai servizi sociali (Si veda lettera aperta al governo e alle istituzioni per un #decretobambini).

A causa dell’emergenza sanitaria quasi tutti i servizi non residenziali sono stati sospesi con gravi ripercussioni per gli adolescenti seguiti dai servizi di Neuropsichiatria Infantile (NPIA) in ambito terapeutico-riabilitativo ambulatoriale, in ambito semiresidenziale, residenziale terapeutico, ospedaliero.

Preoccupazione è stata espressa anche per i procedimenti minorili in quanto è indispensabile garantire lo svolgimento dell’attività giurisdizionale laddove la stessa si rivolga alla protezione dei minori, soggetti per definizione fragili, senza interrompere la trattazione delle cause di carattere urgente, eventualmente attraverso lo svolgimento delle udienze secondo modalità “da remoto” laddove possibile.

Nello specifico dell’adozione internazionale si segnala la presenza all’estero di 43 famiglie (dato CAI al 19.3.2020), partite per incontrare i propri figli e che non possono rientrare in Italia a causa delle soppressioni dei voli e della chiusura delle frontiere.

Nel nostro Paese i detenuti con figli sono 26.117 (Annessi statistici inviati dal Governo italiano al Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, settembre 2018), ed i bambini vivono con particolare ansia la separazione dal proprio genitore detenuto, dovuta alla condizione straordinaria di sospensione dei colloqui in carcere (D.P.C.M. 8 marzo 2020), indispensabili per il mantenimento della relazione. Diventa quindi rilevante l’attivazione di modalità che possono garantire i contatti da remoto, ed interventi psicoeducativi a distanza, in grado di contenere le loro emozioni e rispondere alle loro domande.

Uno dei temi oggetto di attenzione è il diritto di visita e frequentazione della persona di età minore con genitori non conviventi, durante il periodo di restrizioni, che riguarda le relazioni di moltissimi minorenni, allo stato chiarito nelle FAQ del Governo e nel modello di autodichiarazione predisposta dal Ministero dell’Interno, ma che continua a suscitare richieste di chiarimenti in merito alle specifiche situazioni.

Le persone di minore età figlie di migranti sono esposti a fattori di rischio peculiari, ed in particolare si segnala che in caso di irregolarità giuridica dei genitori la frequente mancata iscrizione al SSN (contrariamente a quanto indicato nel DPCM 12 gennaio 2017– Nuovi LEA) li priva di un rapporto continuativo con il pediatra di libera scelta, che permetterebbe una maggior informazione relativa alla prevenzione del contagio e un maggior monitoraggio di eventuale rischio socio-sanitario.

Preoccupazioni sono state evidenziate anche rispetto alla tutela dei minori stranieri non accompagnati, ricordando che al 31 dicembre 2019 sono stati riferiti al SIM 6.054 MNA, accolti in base alla legge 47/2017, che rischiano di veder compromessi i percorsi di inclusione portati sinora avanti e la loro stessa salute a causa dell’incertezza nella quale si sono trovati, o in cui si troveranno allo scadere del permesso per minore età, o in mancanza delle nomine dei tutori.

Ci sono poi per tutti i ristringimenti alla possibilità di svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto. Alla mancanza della scuola si somma la sospensione delle attività sportive, delle attività culturali, sociali legate al loro benessere che avrà effetti importanti sul loro equilibrio psico-fisico. Tale mancanza è tanto più avvertita per i minorenni con grave disabilità intellettiva, disturbi dello spettro autistico o problematiche psichiatriche e comportamentali.

Queste sono le situazioni fonte di preoccupazione segnalate dagli operatori delle varie associazioni del Network, con l’invito a ricordarci dei bambini e degli adolescenti nell’adozione delle misure di emergenza e nella gestione di questo drammatico momento.