In questo periodo storico si assiste ad una consistente crescita di interesse nell’opinione pubblica, nella stampa, nella società in genere nei confronti delle comunità residenziali in riferimento alla validità di questa risorsa di accoglienza a favore di minorenni temporaneamente fuori dalla propria famiglia d’origine a seguito di specifico provvedimento di tutela del competente Tribunale per i minorenni.
Se da un lato questo crescente interesse segna una rinnovata e preziosa attenzione alla cura e alla presa in carico dei minorenni in difficoltà, dall’altro lato si assiste di frequente a affermazioni e valutazioni assai poco documentate e approfondite, spesso derivanti da presupposti ideologici e autoreferenziali. Per questi motivi ci sembra necessario ripartire seriamente da un’analisi della realtà per favorire il confronto dialettico e insieme individuare possibili strategie migliorative fuori da sterili contrapposizioni tra le diverse forme di risposta (è meglio l’affido della comunità o viceversa) per rispettare davvero il diritto di ogni minorenne a avere un progetto per sé, appropriato, pensato, mai scontato e mai definito a priori e capace di garantire protezione, tutela, accoglienza e futuro a ciascuno, il miglior futuro possibile.
Quanti sono e chi sono i minorenni in comunità? Il luogo comune sostiene che in Italia sia abusata la pratica dell’allontanamento e dell’inserimento in comunità residenziale ma in realtà l’Italia allontana molto meno di altre nazioni sociologicamente simili (il 2,8 per mille in Italia contro, per esempio, il 9 per mille della Francia) e i 14.255 minorenni accolti in comunità residenziali sono prevalentemente pre-adolescenti e adolescenti (sono il 67,7% al 31.12.12) e uno su tre è un adolescente straniero anche non accompagnato. Siamo convinti che i bambini piccoli nella fascia di età 0/5 anni non debbano stare in comunità educativa ma in contesti che garantiscono presenza adulta/genitoriale stabile.
Siamo convinti che molte questioni vanno affrontate e risolte in riferimento alle politiche minorili e per le famiglie a partire da un sistema di welfare che definisca i livelli essenziali per l’esercizio dei diritti civili e sociali (art. 117 della Costituzione), sostenga in maniera adeguate le famiglie (tutte, con particolare attenzione alle forme di genitorialità fragile e problematica), preveda e sostenga i percorsi di avvio all’autonomia per i neomaggiorenni in uscita dai percorsi di tutela. Così come riteniamo sia necessario giungere alla definizione di standard e criteri di qualità omogenei sull’intero territorio nazionale per la definizione delle diverse tipologie di comunità (tal senso riteniamo possa essere un buon documento di partenza quanto elaborato in proposito dalla Consulta delle Associazioni presso il Garante Nazionale Infanzia e adolescenza), così come pensiamo sia necessario attuare in modo scrupoloso e continuativo le forme di controllo previste dalla normativa al fine di garantire adeguato monitoraggio delle comunità e dei singoli progetti a favore di ogni minorenne accolto. Siamo anche convinti vada garantito il diritto di ogni minorenne alla positiva crescita evolutiva e – laddove questo diritto è negato da comportamenti di genitori non in grado di comprendere e tutelare il superiore interesse dei propri figli – l’allontanamento e l’accoglienza temporanea in comunità (così come in affido familiare) sia l’unica risposta possibile e praticabile nel superiore interesse del minorenne.
Per maggiori informazioni si veda anche la campagna “le5buoneragioni”, promossa da 6 organizzazioni e coordinamenti nazionali con l’obiettivo di raccontare i dati e i numeri dei minorenni in comunità, di narrarne l’esperienza a partire dalle storie e dai volti dei minorenni e delle famiglie che accompagniamo e accogliamo e anche di indicare proposte concrete sulle quali chiediamo alle autorità preposte di esprimersi e di assumere l’impegno per la loro realizzazione.
A cura di Liviana Marelli (CNCA) e Samantha Tedesco (Sos Villaggi dei Bambini)