Il diritto allo studio ed all’educazione è centrale nella Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. L’Italia però è ben lontana dal darne attuazione.
In ambito UE, la Conferenza di Lisbona ha individuato nella riduzione dell’abbandono scolastico uno dei benchmark che i Paesi membri dovranno raggiungere nel campo dell’istruzione entro il 2020. L’indicatore utilizzato per dar conto del fenomeno della dispersione in ambito europeo è calcolato ricorrendo alla rilevazione sulle forze di lavoro dell’UE: quota di giovani (18-24enni) che hanno conseguito un titolo di studio al massimo ISCED 2 (scuola secondaria di primo grado) e che non partecipano ad attività di educazione/formazione rispetto ai giovani di età 18-24 anni (early school leavers). L’obiettivo al 2020 è quello di ridurli al 10%, ma in Italia sono il 17,6%, in Germania la quota è del 10,5%, in Francia 11,6% e Regno Unito 13,5%.
Vi sono progressi rispetto alla situazione del 2000, quando erano il 25,3%, ma a livello regionale l’obiettivo appare difficoltoso per la Sardegna e la Sicilia, con circa il 25% di ragazzi/e fermo alla licenza media e non frequentante alcun corso di riqualificazione professionale. Comunque l’abbandono scolastico è un fenomeno diffuso in tutto il territorio nazionale. Anche se il Centro Italia è meglio avviato verso il traguardo 2020, nessuna Regione italiana presenta un livello di dispersione al di sotto del 10%! Con un tasso di dispersione scolastica medio del 17,6%, emerge il dato di una popolazione di ca. 6-700.000 ragazzi e ragazze a rischio di dispersione scolastica con pesanti ricadute economiche.
Il costo economico dell’abbandono scolastico non è mai stato studiato in modo approfondito, ma sembra elevato, ad una primissima approssimazione, basata su dati disponibili: una perdita di 4 punti di PIL, solo a causa del fatto che in Italia vi siano 12.631.284 adulti in età compresa tra 25 e 64 anni che hanno al massimo conseguito la licenza media.
Inoltre, malgrado da decenni il Terzo settore (associazioni, fondazioni, parrocchie, oratori, enti religiosi, doposcuola informali, centri aggregativi giovanili, centri sociali etc.) sia attivo per garantire il recupero scolastico non è mai stato stimato il valore delle azioni messe in atto dal privato sociale per contrastarlo.
E’ necessario indagare il fenomeno per essere consapevoli che la soluzione del problema sta sì nell’aumento e nell’uso più efficace delle risorse pubbliche, ma anche nella valorizzazione delle buone pratiche e nella messa a sistema delle azioni portate avanti dai differenti attori. Insieme ad alcune reti, consorzi ed organizzazioni di rilevanza nazionale è auspicabile che il maggior numero di soggetti del volontariato vengano censiti. E’ il momento che il terzo settore si interroghi su quanto vale, per poter contare di più: i ragazzi che lasciano la scuola non aspettano, ne va del loro e del nostro futuro.
In tal senso, si segnala che alcune associazioni lo scorso 1 ottobre hanno lanciato la prima Ricerca Nazionale sulla dispersione scolastica per quantificare l’incidenza della dispersione scolastica sul PIL italiano e i relativi investimenti del privato sociale, i cui risultati saranno disponibili nel 2014.
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Leggi il Dossier Lenti a contatto presentato al Senato e che raccoglie gli interventi portati avanti in tre Regioni italiane sulla dispersione scolastica e illustra gli obiettivi del progetto triennale.
A cura di Stefano Piziali, 92
Pubblicato nella Newsletter n. 66 del Gruppo CRC