Il consenso in ambiente digitale: percezione e consapevolezza tra bambini/e e adolescenti
Aula D5, Campus Luigi Einaudi, Università degli Studi di Torino
Lungo Dora Siena, 100/A
I ragazzi spendono una grande quantità di tempo online. Anche le attività più semplici possono ora essere compiute tramite Internet: acquistare un biglietto dell’autobus, comunicare con amici e familiari, condividere contenuti personali tramite social media o applicazioni di messaggistica, etc. Nonostante il grande utilizzo del cyberspazio nei diversi momenti della loro vita, c’è però ancora una mancanza di comprensione su come venga concesso il consenso alle differenti interazioni online [cfr IPSOS, (2017) Il consenso in ambiente digitale: percezione e consapevolezza tra gli adulti; Survey per Save the Children Italia].
La capacità di dare un consenso significativo o informato ai diversi tipi di attività online è di fondamentale importanza per quanto riguarda il funzionamento stesso di internet e implica un certo livello di comprensione della natura della proposizione da parte dell’individuo il cui consenso è stato richiesto. Intendiamo qui per consenso la combinazione di una scelta autentica/libera più la comprensione delle implicazioni di quella scelta. E’ necessario dunque che, chi si trovi nella condizione di scegliere se dare o meno il proprio consenso, abbia a disposizione tutte le informazioni basilari in una forma comprensibile. Questo permette di legare il concetto di consenso a quello di agency e a quello di sorpresa: se esiste un consenso reale, io posso trovarmi in una situazione peggiore di quella di partenza ad esempio, ma non posso essere sorpreso/a di questo.
Mentre è spesso discutibile se gli adulti comprendano correttamente la base su cui stanno interagendo con i vari servizi online, il diritto internazionale dichiara che, all’età di 18 anni, in assenza di qualsiasi specifica limitazione (intellettuale o di altro tipo) una persona è pienamente competente e consapevole online come offline nel poter decidere per sé. Tuttavia, per quanto riguarda i minori la posizione legale è diversa e l’età per fornire il consenso, può variare tra differenti paesi.
Il nuovo Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati Personali entrato in vigore nel Maggio del 2018, stabilisce ad esempio un intervallo di quattro anni, da 13 a 16 anni, in cui gli Stati possono decidere a quale età una persona è considerata pienamente consapevole a fornire il consenso online e offline quando si tratta dei suoi dati (nel nostro paese l’età del consenso del minore è stabilita ora a 14 anni).
Tuttavia, non è stato fatto alcun tentativo sistematico o scientifico di valutare il livello di comprensione della privacy e del consenso di bambini/e e ragazzi/e nello spazio digitale e rispetto all’ampio spettro di social media e di altri servizi che milioni di utenti utilizzano ogni giorno e come.
La letteratura mostra ad esempio come pratiche aggressive di marketing online possano trarre vantaggio dalla inesperienza di bambini/e e ragazzi/e o dalla mancanza di comprensione rispetto alla richiesta esplicita e implicita di dati personali richiesti per accedere/utilizzare qualsiasi servizio, gioco online, etc. Mostra anche come i confini tra pratiche sessuali consensuali e forzate possono divenire sfocati quando le informazioni personali e le immagini intime passano online in una forma virale con enormi effetti negativi sulla vita di un bambino o di una bambina (la maggioranza dei casi di bullismo ora sempre più associato al fenomeno del sex-extortion ha a che fare con un consenso precedentemente dato)[Carr J., (2017) The position of children and their rights under the GDPR; LSE, (2018), Parenting for a Digital Future: Survey Report 1].
In sostanza quanto le scelte sono libere e sono informate? Quanto pensiero critico viene esercitato anche semplicemente nell’ammettere che non ci sono quasi mai le basi per fare delle scelte online?
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