L’evoluzione anche in senso multietnico della società, le sfide della globalità, le nuove tecnologie e comunicazione, le pluralità di modelli familiari: il venir meno di modelli significativi talvolta per secoli, pongono nuovi temi per la responsabilità educativa del terzo millennio. Si tratta di cogliere la sfida e adeguare l’approccio educativo perché alle persone di età minore sia assicurato il loro miglior sviluppo psico-fisico, come individui, come gruppi e come cittadini.
Il diritto di essere educati e il dovere di educare hanno fondamento nella Costituzione: l’art. 30 -che prevede il dovere diritto dei genitori di educare i figli- va letto con riferimento all’art. 2, che consacra i diritti fondamentali della persona come singolo e nelle formazioni sociali nelle quali avviene il suo sviluppo; all’art. 3, che stabilisce pari opportunità nella fruizione di tali diritti senza discriminazioni e l’obbligo dello Stato di rimuoverne eventuali ostacoli; all’art. 4, II co., che sancisce il dovere di ciascuno a svolgere, secondo proprie possibilità e scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società.
L’art. 29 CRC tra i contenuti dell’educazione menziona anche quello alla responsabilità. Secondo l’art. 315 bis c.c. i figli debbono essere educati secondo le loro aspirazioni ed inclinazioni naturali e ascoltandoli. Ne deriva il contenuto articolato del diritto-dovere di educare, consistente nell’assicurare il miglior sviluppo della persona di età minore, secondo le sue caratteristiche, ma nella tensione al bene comune, alla responsabilità nei confronti degli altri, nella consapevolezza di un necessario allargamento di orizzonti della realizzazione del sé che pretende la contestuale realizzazione dell’altro, degli altri e della casa comune.
Molteplici, diversi, veloci cambiamenti sociali, tra più piani che si intersecano, comportano il disorientamento degli educatori e la crisi percepita del ruolo educativo. Ma la parola crisi deriva dal verbo greco krino = separare, discernere, giudicare, valutare. La situazione di crisi ha un’intrinseca positività: è possibilità di maturazione. Crisi del ruolo educativo vuol dire opportunità di maturazione per gli educatori: l’educare presuppone l’educarsi; bisogna cogliere nei cambiamenti nuove opportunità educative declinandole, con se stessi, nei valori universali del “vivere per”.
Così nel confrontarsi con le nuove tecnologie che hanno allargato la platea delle relazioni interpersonali e reso possibile apprendere e comunicare senza limiti di tempo e di spazio, pur avendo insiti rischi di superficialità e spettacolarizzazione. Così nel prendere atto del tramonto di modelli familiari.
In un quadro pieno di chiaroscuri, e quindi anche di luci, è necessario recuperare il senso del vivere per gli altri e con gli altri, della costruzione del bene comune, cui lo sviluppo di ogni uomo deve tendere: la felicità vissuta per se stessi è effimera e non funziona nemmeno per l’appagamento personale. L’arco di senso è quello di costruire la casa comune, di riempire l’oggi di noi stessi e dei nostri giovani del vivere per altro e per gli altri. E così il diritto di educare consiste nell’educare -prima di tutto se stessi- ai diritti per la costruzione della casa comune. Questo il senso del percorso che 1548 propone nel prossimo congresso: “il diritto di educare ai diritti tra Europa e Mediterraneo”, a Reggio Calabria dal 19 al 21 ottobre p.v.
A cura di Maria Giovanna Ruo di 1548
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