L’8 settembre ricorre la giornata internazionale dell’alfabetizzazione. Una giornata istituita dall’Unesco nel 1967, per ricordare quanto un livello di competenze alfabetiche adeguato sia un elemento essenziale per l’effettiva tutela dei diritti umani. Infatti, come sottolineato dall’agenzia delle Nazioni unite, chi ha carenze nella lettura, nella comprensione di un testo e nella scrittura è più vulnerabile nella gestione di aspetti basici della vita quotidiana, dal lavoro alla salute. La mancanza di questi strumenti di base espone a situazioni di precarietà e ne amplifica i rischi. Al contrario, un livello di competenze alfabetiche adeguato – oltre a costituire la base del diritto all’istruzione – è anche il primo presupposto per migliorare la condizione di partenza e sradicare la povertà.
Per questo motivo, potenziare i risultati nelle competenze alfabetiche è cruciale fin dai primi livelli di istruzione. Una delle ultime rilevazioni internazionali su questi aspetti ha mostrato una situazione più favorevole del nostro paese rispetto ad altri in Ue. Allo stesso tempo, i divari educativi interni al territorio nazionale sono ancora molto ampi.
Dal 2001, ogni 5 anni, viene condotta un’indagine che ha come obiettivo monitorare nel tempo i livelli di apprendimento nei paesi partecipanti. È promossa da Iea, consorzio internazionale che associa istituti di ricerca, agenzie governative e studiosi attivi sui temi dell’istruzione. In particolare di quelli alfabetici, con i test Pirls (Progress in international reading literacy study). Questa indagine serve a verificare la capacità degli studenti al quarto anno di scuola – da noi la quarta primaria, quindi bambini di 9-10 anni – di saper leggere e comprendere un testo scritto. La scelta dell’età non è casuale. Si tratta di alunni che – in base al programma di studi – dovrebbero aver già imparato a leggere negli anni precedenti. E che quindi, a condizioni ordinarie, dovrebbero essere anche in grado di utilizzare la lettura come strumento per apprendere.
A maggio di quest’anno sono stati rilasciati i risultati dell’edizione 2021 del test. Nonostante il ritardo nella pubblicazione, si tratta dell’unica indagine internazionale di questo tipo somministrata durante l’emergenza Covid che offre, dunque, una chiave interpretativa utile per comprendere la condizione educativa degli studenti nella pandemia. Il punteggio medio degli alunni del nostro paese (537 punti) è frutto di una media tra i risultati delle oltre settemila bambine e bambini partecipanti. Per il nostro paese la distanza tra gli estremi della distribuzione (i migliori e i peggiori, per intendersi) è risultata più contenuta rispetto ad altri paesi. Una tendenza positiva, che però – anche come conseguenza della pandemia – si scontra con un peggioramento dei risultati e con divari territoriali in crescita rispetto agli anni scorsi. La tendenza alimentata dalla pandemia, nel nostro e in altri paesi, indica un peggioramento delle competenze alfabetiche tra i bambini delle elementari. Tra 2016 e 2021 l’Italia ha conseguito un risultato medio di 11 punti inferiore: da 548 a 537.
Per l’Italia il calo nelle competenze alfabetiche ha anche una matrice territoriale. Sono soprattutto gli studenti dell’Italia settentrionale ad aver visto un peggioramento tra prima e dopo la pandemia. Nelle scuole del nord-ovest e del nord-est il punteggio medio è calato rispettivamente di -11 e -15 punti tra 2016 e 2021. Allo stesso tempo, mentre i punteggi dell’Italia centro-settentrionale tengono comunque il passo con gli standard internazionali, quelli del mezzogiorno rimangono molto indietro. La tendenza all’allargamento di questi divari appare piuttosto evidente sul lungo periodo.
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