Non ci bastiamo da soli/e. La nostra identità è in continua ridefinizione e si ridefinisce nella relazione con gli altri/le altre e nel come gli altri/le altre ci vedono. In presenza di una condizione di esistenza online resa possibile dall’evoluzione tecnologica degli ultimi venti anni, la costruzione del sé avviene anche negli ambienti digitali. E la questione della costruzione identitaria (anche) attraverso le tecnologie digitali è un nodo tanto più sfidante quanto più si fa riferimento ai giovanissimi – i cd nativi digitali – la generazione di chi cioè, nato e cresciuto in corrispondenza alla diffusione delle nuove tecnologie informatiche, utilizza i media per auto narrarsi, rispondere ai propri bisogni, sperimentarsi e come parte integrante del tessuto della propria vita quotidiana e delle proprie relazioni sociali.
Esistenze onlife le chiama il filosofo della scienza Luciano Floridi – utilizzando una parola indicante la commistione tra esperienza online e vita offline – dove distinzioni scontate come quelle fra reale e virtuale diventano fluttuanti e incerte. E dove le nostre esistenze non più online né offline appunto, diventano ubique, situate cioè simultaneamente, ubiquamente, in contesti spazio-temporali differenti.
Il digitale incolla e scolla oggetti, fenomeni, esperienze che prima sembravano non aggregabili e non disgregabili: velocizzazione, scomponibilità e modificabilità dei processi, a tutti i livelli – ivi inclusi quelli cognitivi e di apprendimento – portano alla fluidificazione, ricombinazione e riconnessione del tutto nel modo più funzionale possibile. Come condiziona questo la coscienza, la conoscenza, e l’esperienza di sé in relazione agli altri in particolare per i più giovani?
Se ad esempio è possibile avere un certo grado di controllo sulla propria autorappresentazione ed esposizione online della propria identità personale, meno semplice è averlo sulla propria identità digitale imposta spesso automaticamente mediante profili digitali basati su dati e creati automaticamente (forniti per lo più in maniera inconsapevole dai ragazzi stessi) da algoritmi che sfuggono al controllo dell’utente. I dati rappresentano la proiezione digitale di noi stessi e in tal senso proteggere il flusso dei nostri dati significa proteggere noi stessi e ridurre la nostra vulnerabilità online. Ad un diffuso atteggiamento spesso inconsapevole o disinteressato, si contrappone infatti l’interesse economico dei gestori delle piattaforme che attraverso social networks, motori di ricerca, siti di e-commerce e attraverso tecniche raffinate e invasive di profilazione, sfruttano i dati di tutti noi estraendo valore economico dalla capacità umana di comunicare.
I più giovani si ritrovano dunque ad affrontare dinamiche complesse, specifiche degli ambienti online, legate all’identità, alla sperimentazione di sé, alle relazioni, alla produzione, distribuzione e fruizione di contenuti che mettono in gioco differenti piani e che possono esporli a rischi importanti. Le competenze di cui hanno bisogno e che devono poter sviluppare per confrontarsi costruttivamente e criticamente con le nuove tecnologie per valutare in anticipo le possibili conseguenze di tutte le loro azioni online sono dunque complesse.
Di qui la necessità di costruire consapevolezza per ampliare gli spazi di autonomia, insegnando a vivere interazioni con umani mediate dalle macchine al di fuori di un’ottica consumista e prestazionale.
Perché Internet non è stata creata pensando ai più giovani e chi rischia di pagare il prezzo più alto sono proprio loro, la cui inesperienza, legata principalmente all’età, il bisogno di sperimentarsi e la non comprensione piena delle dinamiche di funzionamento del mezzo, possono aumentare la loro sovraesposizione e vulnerabilità online come offline.
Martedì 8 febbraio in tutto il mondo si è celebrata la Giornata mondiale per la sicurezza in Rete, istituita e promossa dalla Commissione Europea. L’appuntamento con il Safer Internet Day, accompagnato dal consueto slogan “Together for a better Internet”, ha previsto un fitto programma di iniziative organizzate dal Ministero dell’Istruzione, coordinatore anche del progetto “Generazioni Connesse”, il Safer Internet Centre, Centro italiano per la sicurezza in Rete. Per la giornata l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (AGIA), il Comitato Interministeriale per i Diritti umani (CIDU) e l’UNICEF Italia hanno tradotto e pubblicato il Commento generale n. 25 “Sui diritti dei minorenni in relazione all’ambiente digitale” del Comitato ONU sui Diritti dell’infanzia.
Da anni la giornata rappresenta l’apice di un lavoro carsico e certosino di sensibilizzazione e formazione fatto nelle scuole, con i docenti, con gli/le studenti, con i professionisti dell’infanzia, con gli attori pubblici e privati coinvolti sui temi della sicurezza online.
Barbara D’Ippolito – Gruppo CRC