Lo scorso 21 marzo, per la prima volta in Europa ed in Italia è stato firmato un Protocollo d’Intesa tra il Ministro della Giustizia, l’Autorità Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza e 56, per garantire protezione e tutela ai 100.000 bambini che entrano nelle carceri italiane.

La Carta dei figli dei genitori detenuti riconosce formalmente il diritto di questi minorenni alla continuità del legame affettivo con il proprio genitore detenuto e ribadisce, a questi ultimi, il diritto alla genitorialità.

Il documento istituisce un Tavolo permanente (Art. 8) composto dai rappresentanti dei tre firmatari, uno strumento di monitoraggio periodico sull’attuazione dei punti previsti della Carta che agevola e promuove la cooperazione tra i soggetti istituzionali e non, e favorisce lo scambio delle buone prassi a livello nazionale e internazionale.

Sono 8 gli articoli che nell’interesse superiore del bambino stabiliscono, a secondo gli organi preposti e le relative competenze, questioni come le decisioni e le prassi da adottare in materia di ordinanze, sentenze ed esecuzione della pena (Art. 1); le visite dei bambini all’interno degli Istituti penitenziari (Art. 2); gli altri tipi di rapporto con il genitore detenuto (Art. 3); la formazione del personale dell’Amministrazione penitenziaria e della Giustizia minorile (Art. 4); le informazioni, l’assistenza e la guida dei minorenni figli di genitori detenuti (Art. 5); la raccolta dei dati che forniscano informazioni sui figli dei genitori detenuti, per rendere migliori l’accoglienza e le visite negli Istituti penitenziari (Art.6); la permanenza in carcere, in casi eccezionali, dei bambini qualora per il genitore non fosse possibile applicare misure alternative alla detenzione (Art. 7).

Tutti gli articoli di tale Protocollo d’Intesa vanno intesi non solo per i minorenni in visita negli Istituti penitenziari, ma anche per i figli di genitori detenuti negli Istituti penali minorili.

La Carta dei figli dei genitori detenuti è, nel suo complesso, un documento rivoluzionario che impegna il sistema penitenziario a trasformare gli aspetti relazionali e di cura del detenuto, considerando il suo ruolo genitoriale, e a cambiare la propria cultura dell’accoglienza, consapevole della presenza del minorenne incolpevole e libero, ma schiacciato dal peso sociale che la detenzione del proprio genitore comporta.

La Carta è, soprattutto, un segnale importante per la società civile, è una richiesta di cambio di atteggiamento, di veduta che va posta dalla parte dei bambini e non da quello dei genitori detenuti e dei loro vincoli giuridici; al contempo è un richiamo forte alla necessità di avviare un processo di integrazione sociale e, più in generale, di profondo cambiamento culturale nei confronti del più vulnerabile: il bambino.
Quella dell’infanzia è, quindi, una prospettiva radicale, con la forza di trasformare e in carcere può avere un effetto potente, capace di provocare un processo di presa di coscienza dell’adulto rispetto al proprio crimine.

A cura di

Lia Sacerdote, 56