La legge di bilancio, con la programmazione e l’allocazione delle risorse triennale, è una dichiarazione d’intenti, ed è anche strumento chiave della politica economica. Analizzando le scelte economiche e le misure espresse nei quasi 1200 commi della legge di Bilancio 2018, possiamo anche analizzare l’impatto sulle politiche sul l’infanzia dal punto di vista dei fondi destinati a sostenere i genitori, i bambini, gli adolescenti.
Orientare risorse economiche per contrastare le povertà minorili e per garantire a tutti i bambini diritti e opportunità educative, significa anche pensare allo sviluppo e al futuro del paese. A valle di queste scelte, peraltro, nel campo delle politiche che coinvolgono i minori, l’Italia è penalizzata da un modello di governance in cui i diversi centri di decisione e le diverse sedi istituzionali sembrano muoversi “in ordine sparso”. Nella legge di bilancio 2018 – insieme alle riforme e ad alcune leggi approvate in questa legislatura – emerge un’attenzione per l’infanzia, per la scuola, per sostenere la natalità e rispetto agli anni passati queste ‘aree di intervento’ hanno beneficiato di un rilievo maggiore. Per la prima volta, nel 2018, l’Italia attuerà una misura di contrasto alla povertà, destinando per il 2018 2 miliardi di euro; molte risorse sono state destinate all’edilizia scolastica (oltre a quelle già in campo, sono stanziati ulteriori 50 milioni per scuole innovative e 300 milioni di ‘spazi finanziari’ ai Comuni da spendere per l’edilizia scolastica), per colmare ritardi decennali, e diverse risorse sono impegnate per sostenere le nascite.
Nel 2017, è stata approvata e definita la riforma che istituisce un nuovo sistema integrato 0-6 anni, che ha anche il merito di aver sensibilizzato istituzioni e cittadini sull’importanza di garantire servizi socio-educativi a tutti i bambini sin dalla primissima infanzia. Tuttavia, un’analisi più approfondita e di confronto tra le risorse destinate alle diverse misure evidenzia alcune criticità e incoerenze. Talvolta queste sono semplicemente frutto dei rigidi vincoli di bilancio cui l’Italia è sottoposta, altre volte frutto di scelte politiche disallineate, che non trovano una sintesi coerente. Prendiamo alcuni esempi significativi.
Partiamo dallo sforzo finanziario mirato ad incoraggiare la natalità: il bonus bebè di 80 o 160 euro al mese, istituito per un triennio nel 2015, è stato prorogato anche per i nati o adottati nel 2018, ma solo per il primo anno di vita, per una spesa stimata di 185 milioni. Considerando che il beneficio per i nati nel 2015, 2016, 2017 era triennale, quest’anno la spesa potrebbe raggiungere 1 miliardo 200 milioni. Al bonus bebè, destinato alle famiglie con redditi al di sotto della soglia di 25.000 euro di Isee, raddoppiato in caso di Isee fino a 7000 euro, si sovrappone un altro bonus nascita introdotto dalla passata legge di stabilità, “a decorrere dal 1° gennaio 2017”, 800 euro una tantum per tutte le mamme dal settimo mese di gravidanza senza limiti di reddito, per una spesa stimata di 392 milioni l’anno. Ci sono poi gli assegni di maternità – circa 339 euro mensili per un massimo di 5 mesi – di cui possono usufruire le mamme lavoratrici, anche autonome o precarie, licenziate, dimesse o in disoccupazione, che costano complessivamente 230 milioni annui. Un altro bonus per sostenere i neogenitori è quello per pagare la retta degli asili nido, fino a 1000 euro per 3 anni, stabilizzato dalla legge di stabilità 2017, per una spesa stimata di 250 milioni. Altri 50 milioni sono destinati al voucher baby sitter per le neomamme che rientrano al lavoro rinunciando al congedo parentale (600 euro mensili per 6 mesi al massimo).
Bisogna riconoscere che queste misure a carattere universale e diretto, ‘leggere’ dal punto di vista amministrativo, possono aiutare i neogenitori nei primissimi mesi a sostegno della natalità. Ma non rappresentano purtroppo un disegno complessivo organico di sostegno alla prima infanzia e alle famiglie più fragili con bambini piccoli. E le risorse in campo sono sproporzionate: i bonus descritti avranno un costo complessivo per il 2018 di circa 2 miliardi 120 milioni, mentre alla nuova importante riforma per il riequilibrio territoriale e l’istituzione di un sistema educativo 0-6 anni sono destinati 239 milioni e al congedo obbligatorio di paternità solo 40 milioni (infatti è di soli 4 giorni).
Anche l’attenzione verso la cultura segnala un maggiore impegno verso il futuro e lo sviluppo dei cittadini. Tra la varie misure inserite nella legge di bilancio si segnalano: 290 milioni il costo del bonus cultura per i 18enni, 1 milione stanziato per le biblioteche scolastiche, 3 milioni per sostenere il libro e la lettura. L’auspicio è che anche su questo tema si vada verso una strategia che preveda interventi strutturali e risorse consistenti, nel quadro di una strategia complessiva di promozione della cultura quale strumento fondamentale per contrastare la povertà educativa.
A cura di Diletta Pistono 31
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