Secondo dati recenti del Ministero dell’Istruzione dei 40.160 edifici scolastici statali presenti sul territorio, 13.533, un terzo del totale, sarebbero dotati di mensa scolastica o, per meglio dire, di un “ambito funzionale alla mensa” cioè di refettori e/o di refettori e cucina. Nell’ambito della missione 4 del PNRR sono stati finanziati quasi mille tra nuove costruzioni e ristrutturazioni/riqualificazioni/messa in sicurezza di mense già esistenti. Per arrivare all’elenco definitivo degli interventi sono stati necessari diversi passaggi: con il primo bando di 400 milioni di euro, chiuso il 28 febbraio 2022, sono stati finanziati 600 progetti, impiegando quasi 300 milioni di euro; successivamente, a settembre 2022, è stata riaperta la possibilità di utilizzare i 100 milioni avanzati dallo stanziamento iniziale, ai quali il Ministero dell’Istruzione ha aggiunto 200 milioni di euro. A fine gennaio 2023 sono uscite le graduatorie definitive, relative a 908 progetti. Questi progetti finanzieranno 528 nuove mense, di cui 230 (48%) nel Mezzogiorno. Le mense di nuova costruzione dunque, rappresentano solo il 58% degli interventi; il 23% degli interventi prevede la demolizione, la ricostruzione e l’ampliamento di strutture esistenti così come il restante 19% la riqualificazione e la messa in sicurezza.

Investimenti comunque importanti che il PNRR consentirà di raggiungere entro il 2026, salvo ulteriori ritardi, ma non sufficienti rispetto al fabbisogno di tale servizio soprattutto nelle aree del Sud, in quelle interne ed ultraperiferiche dove anche è più elevata la concentrazione di famiglie in povertà assoluta.

A proposito di costi per le famiglie, occorre rilevare che negli ultimi due anni la tariffa media a carico degli utenti, nei 110 capoluoghi di provincia, nonostante la crisi energetica e l’aumento dei costi delle materie prime, è aumentata di poco più del 2%.  Secondo la VI Indagine di Cittadinanzattiva, 82 euro è quanto una famiglia italiana con ISEE di 19.900 euro ha speso in media al mese, nell’anno scolastico in corso, per la mensa di un figlio iscritto alla scuola primaria o dell’infanzia ma le variazioni sono molto evidenti a livello regionale: si passa da un aumento a due cifre in Basilicata (+19% e +26% rispettivamente per scuola primaria e quella dell’infanzia) e in Campania (+12% circa per entrambe le tipologie di scuola) al decremento più elevato registrato in Sardegna (-10,5% nell’infanzia e -4,5% nella primaria). Tariffe sostanzialmente invariate nelle regioni Lazio, Marche, Umbria e Valle d’Aosta.

A livello di capoluoghi di provincia, sono le famiglie di Barletta a spendere di meno per il singolo pasto (2€ sia per l’infanzia che per la primaria) mentre per l’infanzia si spende di più a Torino (6,60€ a pasto) e per la primaria a Livorno e Trapani (6,40€). La media nazionale è di circa 4€ a pasto. Fra le città metropolitane, soltanto Roma rientra in quelle meno care, con un costo a pasto per la famiglia “tipo” di circa 2,40€.

Il costo dei pasti dipende da molti fattori tra i quali: la qualità delle materie prime, l’utilizzo di prodotti locali e biologici, la variazione dei menù stagionali, gli accorgimenti per ridurre al minimo gli sprechi, la percentuale di attribuzione dei costi da parte del Comune sull’utenza, ecc.

Il PNRR non affronta, e non è deputato a farlo, il vero nodo del servizio di ristorazione scolastica e cioè la necessità a nostro parere di trasformarlo da servizio a domanda individuale, cioè erogato solo a chi ne fa richiesta e paga, a servizio essenziale e universale, i cui oneri ricadano sulla spesa pubblica e non sulle singole famiglie. Queste ultime oggi, invece, sono chiamate a contribuire al costo del servizio in base al proprio reddito e alle percentuali stabilite dai singoli Comuni che prevedono, in maniera differenziata sui territori, esenzioni per le fasce reddituali basse.

A tutto questo si aggiunga quanto previsto dal Ministro dell’istruzione e del merito con la cosiddetta Agenda Sud, volta a superare il divario delle opportunità d’istruzione di studenti e studentesse tra Nord e Sud Italia, che fra i 10 punti previsti indica quello di promuovere il tempo pieno con  “l’attivazione di progetti extracurricolari e un ampliamento del tempo scuola anche grazie agli investimenti relativi alle mense scolastiche”.

Investire sulla mensa scolastica significa riconoscerne la portata educativa e sociale; significa  garantire una corretta alimentazione ed educazione alimentare, che sono alla base della crescita e dello sviluppo psicofisico di bambini e ragazzi, consentendo a tutti di accedere a pasti sani ed equilibrati indipendentemente dalle possibilità territoriali, economiche, organizzative delle proprie famiglie di origine; significa garantire il presupposto per estendere progressivamente il tempo pieno in tutta Italia e per tutto il primo ciclo di scuola e rappresentare così un deterrente alla dispersione scolastica.

 

 

A cura di Adriana Bizzarri, Coordinatrice nazionale Scuola di Cittadinanzattiva

 

Per approfondimenti:

Si veda la VI Indagine sulle mense scolastiche: i costi medi a famiglia nell’anno in corso. Focus sul PNRR di Cittadinazattiva

e la sezione del sito del Gruppo CRC dedicata a Educazione, gioco e attività culturali